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La Sentenza della Cassazione Penale n. 1856/13 del 2012 del 15/01/2013, udienza del 11/12/2012, Presidente MANNINO SAVERIO FELICE  Relatore RAMACCI LUCA

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Pisa, con sentenza dell'1.12.2011, ha condannato Francesca FAVILLI alla pena dell'ammenda, riconoscendola responsabile della contravvenzione di cui all'art. 25, comma 1, lett. a) in relazione all'art. 58, comma 1, lett. e) del d.lgs. 81/2008 come modificato dall'art. 41 del d.lgs. 106/09 perché, in qualità di «medico competente» presso l'azienda Toscopelli s.r.I., non collaborava con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori per la parte di competenza e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro.

Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.

 

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell'art. 25, lettera a) del d.lgs. 81\2008, osservando che il generico riferimento del dato normativo al dovere di collaborazione del «medico competente» con il datore di lavoro presuppone un compito ausiliario ed accessorio, essendo il medico privo di poteri coercitivi sull'obbligato principale (datore di lavoro o responsabile della sicurezza), cosicché l'ambito di imputazione di responsabilità deve essere delimitato tenendo conto di tale particolare posizione che gli impedisce di sostituirsi all'obbligato principale e non prevede alcun obbligo di denuncia o segnalazione alle autorità preposte. Da ciò conseguirebbe la necessità di valutare la responsabilità del «medico competente» in relazione al contegno di volta in volta tenuto dall'obbligato principale, che è il soggetto cui spetta richiederne la collaborazione, quando effettivamente egli l'abbia resa possibile. Contesta, conseguentemente, la diversa interpretazione della norma prospettata dal giudice del merito, il quale avrebbe invece ritenuto che la collaborazione cui il «medico competente» è tenuto implichi anche un'attività di tipo propositivo, comportante la sottoposizione al datore di lavoro dei rilievi e delle proposte concernenti la valutazione dei rischi che coinvolgono le sue specifiche competenze in campo sanitario. Osserva, a tale proposito, che una siffatta interpretazione amplierebbe oltremodo il significato del termine «collaborazione» utilizzato dal legislatore, mentre rimarrebbero comunque sottratte dall'ambito di operatività della disposizione tutte le ipotesi di collaborazione inadeguata, incompleta o erronea. Un ulteriore limite per il «medico competente» sarebbe inoltre rappresentato dalla impossibilità di ottenere informazioni diverse da quelle che è possibile ottenere dal datore di lavoro o dall'espletamento della propria attività, mentre serie difficoltà si presenterebbero nel dimostrare l'eventuale omissione, in mancanza di indicazioni specifiche sulla forma delle eventuali segnalazioni effettuate dal medico nello svolgimento della funzione propositiva così attribuitagli.