Sentenza
Sentenza
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Infortunio causato da sega circolare inidonea
Sega circolare inidonea per tagli obliqui e infortunio
Sentenza Cassazione Penale n.1021, Sez. 4, del 13 gennaio 2016 -
Anche nel caso ci fosse stata una valida delega, il responsabile del totale disinteresse resta il datore di lavoro
I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica, nonché corretta in punto di diritto, hanno dato conto, in primis, dell'assenza di dubbi che l'amministratore unico della società, anche ove abbia conferito una valida delega a terzi in materia di sicurezza sul lavoro, resta comunque responsabile della formazione dei propri dipendenti, in questo caso del tutto omessa. Egli resta altresì titolare dell'obbligo di vigilanza sul delegato al fine di verificare che questi adempia correttamente all’incarico, e -come si rileva nella sentenza impugnata- anche tale obbligo risulta inadempiuto dal R.M., atteso che egli stesso ha ammesso di non aver frequentato i cantieri e di essersi disinteressato concretamente dell'andamento della società.
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Caduta dall'alto
Sentenza -Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2024, n. 27518
Caduta dall'alto: non ha alcun rilievo la natura giuridica del rapporto di lavoro tra l'appaltatrice e il lavoratore. Responsabilità del titolare dell'impresa appaltatrice
Confermata la condanna all’imputato, in qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice e di datore di lavoro del lavoratore deceduto, colpevole del reato di omicidio colposo con violazione della disciplina prevenzionistica in materia di infortuni sul lavoro.
Fatto
1. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del Tribunale di Ragusa la quale aveva riconosciuto A.A.in qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice G E D Costruzioni di A.A. Sas e di datore di lavoro del lavoratore infortunato, colpevole del reato di omicidio colposo di B.B. con violazione della disciplina prevenzionistica in materia di infortuni sul lavoro e lo aveva condannato alla pena di giustizia (anni tre di reclusione) con esclusione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
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Caduta dalla scala durante un lavoro in quota “in nero”
Cassazione Penale, Sez. 4, 21 giugno 2022, n. 23809 – Caduta dalla scala durante un lavoro in quota “in nero”. Definizione di “lavoratore”.
Fonte: Olympus.uniurb
La Corte d’appello ha confermato la sentenza del Tribunale con la quale l’imputato è stato condannato – nella qualità di datore di lavoro dell’infortunato – per il reato di cui all’art. 590, cod. pen. ai danni del predetto lavoratore, aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare: dell’art. 18, comma 1, lett. f), d. lgs. n. 81 del 2008, non avendo fornito al lavoratore, impegnato su sua richiesta in un lavoro in quota, i mezzi di protezione adeguati rispetto alla prestazione lavorativa; dell’art. 18, comma 1, lett. g), stesso decreto, per non aver sottoposto il lavoratore a sorveglianza sanitaria; dell’art. 20, comma 2, lett. h), stesso decreto, per non avere formato il lavoratore. Nella specie, secondo l’editto accusatorio recepito dai giudici del merito, l’imputato aveva incaricato la persona offesa di eseguire “in nero” la rimozione di un pergolato antistante l’esercizio di ristorazione da lui stesso gestito, fornendogli all’uopo la scala dalla quale il lavoratore cadeva, mentre era intento nello svolgimento della mansione assegnatagli.
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Caduta dell'addetta alla reception di un albergo
Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2019, n. 40256
Caduta dell'addetta alla reception di un albergo.
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 15/05/2019
Fatto
1. La Corte di appello di Firenze il 20 settembre 2018 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall'imputato, con cui l'8 gennaio 2015 il Tribunale di Firenze, all'esito del giudizio ordinario, ha riconosciuto C.V. responsabile del reato di lesioni colpose gravi con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto commesso il 31 ottobre 2011, condannando l'imputato alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile.
2. Il fatto, in estrema sintesi, come ricostruito dai giudici di merito.
2.1. G.M., dipendente della s.r.l. S.I.P.A.L., con mansioni di capo ricevimento presso la reception dell'albergo "Airone" in Firenze, avendo ricevuto più telefonate con le quali l'amministratore del condominio confinante con l'immobile dell'albergo chiedeva che si controllassero le soffitte e che si provvedesse a chiudere un varco che sembrava esistere nel muro di confine tra i due palazzi e che creava problemi ai condomini, per il pericolo di intrusioni, il 31 ottobre 2011 decise di salire in soffitta per effettuare una sommaria verifica e per poter così fornire alla società che gestiva l'albergo notizie circa la effettiva natura del problema che le era stato reiteratamente segnalato. -
CSE: la mancanza di "alta vigilanza"
Responsabilità di un CSE.
Manca la funzione di "alta vigilanza" se è assente nei momenti topici del cantiere.
Cassazione Penale, Sez. 7, 19 maggio 2017, n. 25212La Corte di Cassazione in questa sentenza si è così espressa:
"Ora, se è ben vero che al medesimo non poteva essere richiesta una presenza assidua in cantiere, è altrettanto vero però, come chiarito in precedenza, che l'obbligo di cui alla lettera f) dell'art. 92 citato, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, ciò che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose. Ciò implica un'attività di verifica non può significare presenza quotidiana nel cantiere, implica però necessariamente la sua presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo. E certamente non può non essere considerato "topico" rispetto alla funzione di controllo il momento in cui in cantiere vengono svolte lavorazioni che comportano il rischio di caduta dall'alto, lavorazioni che per la loro intrinseca pericolosità richiedono assolutamente la presenza del coordinatore per l'esecuzione legittimato, proprio in virtù della predetta lett. f), ad esercitare un potere-dovere di intervento diretto, che può e deve spingersi sino al punto di sospendere i lavori."
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Documento di Valutazione dei rischi
Sentenza - Cassazione Penale, Sez. 4, 20 maggio 2021, n. 20092
Amputazione delle dita
1. La Corte di appello di Brescia, sostituita la pena inflitta a Z.G. con la multa pari ad euro 15.000,00 e revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, ha nel resto confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Mantova nei confronti di Z.G., in ordine al reato di cui agli artt. 113, 590 e 583, comma 2, n. 3) cod. pen., perché, in qualità di datore di lavoro e di amministratore unico della "Azienda Agricola Boccalina - Società Agricola s.r.l.", aveva cagionato per colpa generica e per colpa specifica, consistita in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, al lavoratore G.S. un'amputazione della falange ungueale III dito e sub amputazione II apice II dito mano sinistra. Costui, infatti, dopo aver ricevuto ordine dal coimputato P.G., responsabile dei lavoratori e referente per il mangimificio, saliva sul piano sopraelevato dell'impianto del silos, essendo l'uscita della tramoggia ingolfata dalla farina di orzo, apriva il foro di ispezione, provvisto di coperchio amovibile manualmente, ed introduceva la mano e l'avanbraccio entrando in contatto con la barra interna in movimento (lama raschiatrice), azionata dallo stesso P.G., il quale non si assicurava che il G.S. fosse in condizioni di sicurezza.
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Funzione di RSPP e RLS non sono cumulabili
Sentenza Cass. Civ., Sez. Lav., sent. 15 settembre 2006 n. 19965
Nel sistema delineato dal decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 [ora D.Lgs. 81/08, n.d.r.], la funzione di responsabile del servizio di prevenzione e protezionedai rischi (RSPP), designatodal datore di lavoro (art. 2, lett. e), e quella di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) (art. 2, lett. f) non sono cumulabili nella stessa persona.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è un soggetto che rappresenta il datore di lavoro nell’espletamento di un’attività che questi, in determinati casi, potrebbe svolgerepersonalmente (art. 10 del d.leg.vo n. 626 ed all. I); esercita quindi prerogative proprie del datore di lavoro in tema di sicurezza del lavoro; contribuisce a determinare gli oneri economiciche il datore di lavoro deve sopportare perché il lavoro in azienda sia e rimanga sicuro, atteso che le misure relative alla sicurezza non devono comportare oneri finanziari per i lavoratori
(art. 3, comma 2 [ora art. 15 D.Lgs. 81/08, n.d.r.]). -
Infortunio con una betoniera
Figura del RUP (responsabile unico del procedimento)
Sentenza Cassazione Penale, Sez. 4, n. 34088 del 4 agosto 2015
Infortunio con una betoniera."A carico del RUP (responsabile unico del procedimento) grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza, non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durante il loro svolgimento, fase nella quale vige l'obbligo di sorvegliarne la corretta attuazione, controllando anche l'adeguatezza e la specificità dei piani di sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata alla incolumità dei lavoratori (cfr, Cass., sez.4, sent. n.7597 dell'8.11.2013, Rv.259123; Cass., sez.4, sent. n.41993 del 14.06.2011, Rv.251925). Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dal giudice di merito, il C.G.B.F. è venuto meno all'adempimento degli oneri gravanti a suo carico.
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Macchinario non sicuro e mancato aggiornamento del DVR
Sentenza
Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2022, n. 36785
Infortunio con una "taglierina media" durante il taglio di tubi in ceramica. Macchinario non sicuro e mancato aggiornamento del DVR1. La Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, per avere valutato in regime di prevalenza le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, ha confermato la penale responsabilità di F.M. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, nn. 1 e 2, cod. pen.
2. In particolare, l'imputato è accusato di avere, nella qualità di amministratore delegato della ISOTALCO s.r.l., quindi datore di lavoro di V.R., cagionato alla stessa, per colpa generica e per violazione della normativa in materia di infortuni sul lavoro, lesioni personali gravi, segnatamente una profonda ferita da taglio alla terza falange (falange distale) del dito indice della mano sinistra, con conseguenti lesioni del tendine estensore e di un ramo nervoso del dito, tali da determinare incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore a sei mesi ed un indebolimento permanente della funzione prensile della mano sinistra. Accadeva che, dopo aver effettuato il taglio di uno spezzone di tubo, la lavoratrice, reagendo al movimento anomalo in avanti del tubo, poneva la mano sinistra a contatto con il disco a taglio, così procurandosi le anzidette lesioni (in Villar Perosa, il 28/10/2014). -
Morte sul colpo per la caduta del ramo potato
Sentenza
Morte sul colpo per la caduta del ramo potato:
l’adozione di un adeguato sistema di recinzione dell’area avrebbe evitato l’evento.Cassazione Penale, Sez. 4, 10 febbraio 2023, n. 5714
La Corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna del titolare della ditta individuale in ordine al delitto di cui all’art. 589 commi 1 e 2 cod. pen. per avere nel corso del lavori di potatura di alcune piante presenti all’interno del giardino di una famiglia cagionato la morte di un componente della stessa.
L’infortunio è stato ricostruito nelle sentenze di merito nel modo seguente: l’imputato stava effettuando, per incarico del capofamiglia, lavori di potatura di due cipressi nel giardino familiare con la tecnica del tree climbing, consistente in una arrampicata che consente di accedere alla chioma dell’albero e di passare tramite imbracatura da un ramo all’altro. Operando imbracato a sei metri di altezza, aveva iniziato a tagliare un ramo tirato con una fune da terra dal capofamiglia, a cui lo stesso imputato aveva chiesto di collaborare, a taglio ultimato il ramo era caduto a terra e impattando sul terreno dalla parte della chioma era rimbalzato colpendo al capo mortalmente un componente della famiglia che si trovava nella zona del giardino ove erano in corso le operazioni di potatura.
Nei confronti dell’imputato sono stati individuati, quali addebiti di colpa, la negligenza e l’imprudenza, per essersi fatto aiutare nella lavorazione dal capofamiglia, privo di formazione e di adeguate conoscenze per quel tipo di lavoro, e la violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 109 e 116 primo comma lett. e) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per non aver preso le misure necessarie e idonee ad impedire l’avvicinamento di persone estranee alla zona di pericolo interessata dai lavori, quali in particolare la delimitazione della zona con transenne ovvero con nastro segnaletico.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato con il proprio difensore.Il ricorso deve essere rigettato.
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Responsabilità del committente
Responsabilità del committente per la mancata preliminare verifica della idoneità e delle capacità tecniche dell’appaltatore.
Cassazione Penale, Sez. 4, 14 maggio 2021, n. 18949
In questa sentenza la Corte di Cassazione ha ribadito «la responsabilità del committente, quale titolare ex lege di una autonoma posizione di garanzia, idonea a fondare la responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 – sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (sez.4, 9.2.2016, Russo e altro, Rv.266963; 10.1.2018, Bozzi, Rv.272221) poiché l’obbligo di verifica di cui all’art. 90, lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (sez.4, 22.9.2020, Olivieri Gianfranco, Rv.280049)».
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Sanzioni disciplinari – Diritto di critica sindacale
Sentenza
Cassazione (sez. Lavoro/23850 del 5 settembre 2024) sulla figura del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza.
I giudici hanno dichiarato illegittima la sanzione disciplinare inflitta da un’azienda a un dipendente per le sue dichiarazioni ai media in materia di incidenti sul lavoro.
La sentenza, oltre a ribadire la centralità dell’articolo 39 della Costituzione, sulla libertà di organizzazione sindacale, afferma che l’attività del RLS debba essere equiparata a quella di un rappresentante sindacale.
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Videoterminalisti: obbligo del DL di fornire gli occhiali ai lavoratori
Sentenza - Corte di Giustizia UE
Grande sezione, 22 dicembre 2022, n. 392 - C - 392/21 -
Art.9, Dir. 90/270: obbligo del datore di lavoro di fornire gli occhiali ai lavoratori videoterminalisti1 - La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 9 della direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle
prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU 1990, L 156, pag. 14).2 - Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra TJ e l'Inspectoratul General pentru Imigrări (Ispettorato generale per l'immigrazione,
Romania; in prosieguo: l'«Ispettorato generale») in merito al rigetto, da parte di quest'ultimo, della domanda di rimborso delle spese connesse all'acquisto di occhiali, presentata da TJ.