Sentenza - Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2024, n. 27518

Caduta dall'alto: non ha alcun rilievo la natura giuridica del rapporto di lavoro tra l'appaltatrice e il lavoratore. Responsabilità del titolare dell'impresa appaltatrice

Confermata la condanna all’imputato, in qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice e di datore di lavoro del lavoratore deceduto, colpevole del reato di omicidio colposo con violazione della disciplina prevenzionistica in materia di infortuni sul lavoro.

Fatto

1. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del Tribunale di Ragusa la quale aveva riconosciuto A.A.in qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice G E D Costruzioni di A.A. Sas e di datore di lavoro del lavoratore infortunato, colpevole del reato di omicidio colposo di B.B. con violazione della disciplina prevenzionistica in materia di infortuni sul lavoro e lo aveva condannato alla pena di giustizia (anni tre di reclusione) con esclusione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.


2. In particolare a A.A., titolare della impresa appaltatrice impegnata presso il cantiere in Ragusa a opere di apposizione sulla copertura di un capannone di pannelli coibentanti sui quali avrebbero dovuto essere poi collocati i moduli di pannelli fotovoltaici, era ascritta, oltre a profili di colpa generica, la inosservanza dell'art.115 D.Lgs. 81/2008, per avere omesso di garantire ai lavoratori sistemi di prevenzione individuale e collettiva al fine di scongiurare cadute dall'alto e in particolare dai lucernai verso l'interno dell'edificio, quali sistemi di trattenuta e linee guida onde operare in sicurezza al di sopra della copertura posta all'altezza di metri 6,5 da terra. All'imputato era altresì contestata l'inosservanza all'art.37 comma 1 D.Lgs.vo 81/2008 per non avere assicurato al dipendente adeguata formazione sia per quanto riguarda lo svolgimento di lavorazioni in quota, sia in relazione alle modalità di utilizzo di dispositivi individuali di protezione per la caduta dall'alto. All'imputato era altresì contestata la inosservanza alla disciplina concernente la assistenza sanitaria per non avere avviato a visita medica il lavoratore all'atto di costituzione del rapporto di lavoro.

3. Il giudice di appello nel confermare la responsabilità dell'imputato con riferimento ad entrambe le inosservanze alla disciplina prevenzionistica causalmente collegate al tragico evento, che aveva visto la persona offesa precipitare all'interno di un lucernaio non calpestabile mentre era intento a eseguire le lavorazioni oggetto di contratto di subappalto in favore della società G E D e nel dichiarare prescritte le violazioni contravvenzionali, disattendeva la prospettazione difensiva secondo la quale il lavoratore infortunato fosse in realtà un prestatore d'opera autonomo che aveva accettato di assumere in subappalto la prestazione assunta dalla società dell'imputato, in mancanza di qualsiasi indice di emersione di un rapporto negoziale tra le parti ed essendo il lavoratore intento a operare nell'ambito del rapporto di subappalto assunto dalla G E D la quale pure era presente in cantiere con propri operai e organizzazione di impresa.

3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di A.A. quale ha avanzato due motivi di ricorso.

Con il primo deduce violazione di legge in relazione all'affermazione di responsabilità penale del ricorrente per erronea applicazione delle disposizioni civilistiche che disciplinano il rapporto di prestazione di opera e all'autonomia imprenditoriale a fronte di emergenze processuali che avrebbero dovuto indurre, oltre ogni ragionevole dubbio, a qualificare l'intervento della persona offesa presso il cantiere in virtù di un rapporto di sub appalto, laddove il giudice distrettuale, nel riconoscere la veste di garanzia del ricorrente, si era limitato a dare rilevanza al dato formale dell'assenza di un contratto scritto, mentre avrebbe dovuto valutare se la prestazione fornita dal C.C. potesse essere ricondotta alla subordinazione, piuttosto che al subappalto, tenuto altresì conto delle dichiarazioni testimoniali rese dal fratello della persona offesa e dell'autonoma organizzazione della prestazione lavorativa predisposta dal C.C.. Al contempo evidenziava come la necessità dell'intervento di una ditta specializzata nel settore si fosse resa necessaria per l'urgenza di provvedere agli interventi di sistemazione di pannelli coibentanti prodromici alla installazione dei moduli fotovoltaici.

Con una seconda articolazione deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento al trattamento sanzionatorio rilevando come le circostanze attenuanti generiche erano state escluse con motivazione apparente e che faceva riferimento alla gravità del fatto reato e delle sue conseguenze evidenziando una disparità di trattamento rispetto all'imputato CARUSO, le cui inosservanze alla disciplina prevenzionistica erano connotate da equivalente se non superiore portata offensiva.
 

Diritto


l. II primo motivo di ricorso proposto dalla difesa di A.A. è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Si verte in ambito di infortunio realizzatosi sul luogo di lavoro ove il coinvolgimento integrato di più soggetti, titolari di autonome posizioni tutoriali, non solo era imposto dalla legge (art.3, 26 e 90 ss D.Lgs. 2008/81), ma anche da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio e alla organizzazione del lavoro nel cantiere, nel legittimo affidamento da parte delle maestranze chiamate ad operare, che imponeva una opera di cooperazione e di coordinamento della gestione del rischio.

3. Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, Galtelli), sprovvisti di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente e ripropositivi di censure adeguatamente esaminate dal giudice distrettuale e disattese con giudizio logico non suscettibile di ulteriore sindacato.

Il ricorrente si pone a contrastare la motivazione della sentenza impugnata contestando la qualifica di lavoratore subordinato in capo all'infortunato, enucleando i principi civilistici che differenziano il rapporto di subordinazione da quella di lavoratore autonomo, ma omette del tutto di confrontarsi con la peculiarità della fattispecie penalistica di un cantiere mobile in cui già erano inserite una serie di vicende negoziali in virtù delle quali la esecuzione delle opere sulla copertura era stata progressivamente oggetto di contratti di subappalto, peraltro non consentito dal committente, per essere definitivamente acquisiti dalla ditta G. E D Costruzioni e C. Sas di cui risulta legale rappresentante l'odierno ricorrente, sulla quale pertanto gravava la gestione della sicurezza nello svolgimento delle specifiche opere (sostituzione pannelli coibentanti) che erano state alla stessa affidate. Va da sé che era la società G E D legittimata a operare in cantiere e che la stessa era stata la destinataria, da parte dell'appaltatore, di tutte le informazioni concernenti i luoghi di lavoro, le aree praticabili e le piante relative (pag.13 sentenza di primo grado), in quanto soggetto incaricato da Ramo Service alla esecuzione di specifiche lavorazioni sulla copertura nell'ambito di rapporto di subappalto regolarmente costituito. Ai fini penali invero non ha alcun rilievo la contrapposizione della definizione dello specifico rapporto intercorresse tra G E D e lo B.B., al primo giorno di lavoro, e cioè se il lavoratore fosse stato assunto per poche giornate di lavoro alle dipendenze della società subappaltatrice ovvero se operasse in autonomia, in quanto risulta accertato agli atti che era la G E D ad avere la gestione di quella specifica lavorazione ed ad essa competeva predisporre, nell'esercizio della sua autonomia di impresa, e nel rispetto del piano di coordinamento, tutte le iniziative necessarie a operare in sicurezza nel rispetto della normativa dei lavori da svolgersi in quota, di vigilare sull'andamento dei lavori, assicurare ai lavoratori dispositivi individuali di protezione per i lavori da svolgersi in quota e pretenderne la osservanza. Manifestamente infondata è pertanto la affermazione secondo la quale lo B.B., essendo un lavoratore autonomo, sebbene a giornata, avrebbe egli stesso dovuto provvedere, nell'ambito di una articolata e sequenziale opera da svolgersi sopra la copertura di un capannone e in costanza di rischio interferenziale, a dotarsi di strumenti di protezione individuale o di accertarsi della presenza sulla copertura di strumenti di prevenzione collettivi, quali passaggi dedicati, linee di trattenuta o di aggancio, parapetti o impalcature, laddove era la G E D ad essersi assunta tale responsabilità, entro i limiti fissati dall'esercizio dei poteri di coordinamento, consultazione e cooperazione che fanno carico al committente anche attraverso gli organi deputati (responsabile dei lavori e coordinatore in fase di esecuzione).

3.1 Non risulta pertanto dirimente, ai fini della verifica della responsabilità del subappaltatore, la qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra G E D e lavoratore B.B., la cui opera, in assenza di qualsivoglia indicazione al riguardo, si inseriva nel solco delle lavorazioni demandate alla G E D e in un ambito meramente esecutivo e in assenza di qualsiasi autonomia operativa e gestionale, non avendo alcun controllo sulla fornitura dei materiali, sulla predisposizione di misure di prevenzione o di protezione, né conoscenza dell'ambiente di lavoro e delle caratteristiche della costruzione, della presenza di lucernari o di via di fuga. Vale pertanto il richiamo alla giurisprudenza di legittimità secondo la quale in tema di prevenzione degli infortuni il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati a terzi rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltator (sez.4, n.12440 del 7/02/2020, Basso, Rv.278749; sez.3, n.50996 del 24/10/2013, Gema, Rv.258299; sez.4, n.7954 del 10/10/2013, Ventura e altro, Rv.259274; sez.4, n.27965 del 5/06/2008, Riva e altro, Rv.240314). Oltre all'assenza di qualsiasi emergenza documentale in ordine alla circostanza che la G E D abbia provveduto a subappaltare il segmento di lavorazioni che essa stessa aveva ricevuto in subappalto dalla società appaltatrice Ramo Service, piuttosto che avvalersi di prestatori d'opera occasionali o dipendenti non contrattualizzati come lo B.B., risulta al contrario come la società di cui il A.A. era legale rappresentante, fosse pienamente integrata nel cantiere avendo ricevuto da Ramo Service precise indicazioni in ordine allo stato dei luoghi, alla conformazione della copertura, a tutte le aree interdette alla manovalanza e a quelle accessibili per le lavorazioni; è risultato peraltro che nessuna informazione, formazione e vigilanza sia stata riversata in favore dei soggetti da essa incaricati alle attività esecutive, i quali del tutto logicamente sono stati considerati al pari di soggetti inseriti nell'organigramma della G E D, in assenza della dimostrazione di una assoluta autonomia imprenditoriale e di un'autonoma predisposizione di mezzi.

4. Infondata è poi la censura concernente il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il giudice distrettuale ha escluso che ricorressero i presupposti per il riconoscimento del beneficio delle circostanze attenuanti generiche valorizzando in particolare i criteri offerti dall'art.133 cod. pen. commi 1 e 2 cod. pen. ed in particolare la pluralità delle inosservanze alla disciplina sulla sicurezza sul lavoro (formazione, informazione, vigilanza, predisposizione e forniture di dispositivi di protezione individuale) e alla gravità delle conseguenze dannose oltre all'assenza di profili di meritevolezza endo processuale ed extra processuale.

La motivazione risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità sul punto, la quale insegna che non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell'imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale), laddove il beneficio in questione, a seguito delle intervenuta modifica normativa dell'art.62 bis cod. pen., non costituisce più una sorta di automatico riconoscimento all'imputato eventualmente incensurato, ma una attribuzione dalla valenza premiale (sez.I, 18.5.2017, Lamina, Rv.271315) che necessita di specifica motivazione sugli elementi posti a fondamento del beneficio. La motivazione del giudice di appello a sostegno della esclusione del beneficio risulta congrua e priva di difetti logici e si presenta pertanto insindacabile dinanzi al giudice di legittimità.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese della parte civile che pure ha presentato conclusioni scritte, in assenza di un utile contributo alla decisione nell'ambito di giudizio dinanzi al giudice di legittimità svoltosi con rito camerale non partecipato (sez.2, n.33523 del 18/06/2021, D., Rv.281960-03).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese della parte civile costituita.

Così deciso in Roma il 18 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria l'11 luglio 2024.

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