Cassazione Penale, Sez. 4, 23 giugno 2025, n. 23403

Un malore del lavoratore non rileva nella ricostruzione del nesso tra condotta inosservante del datore di lavoro (mancata adozione di protezioni atte ad impedire la caduta dall'alto) ed evento

Sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a V. il (Omissis) udita la relazione svolta dal Consigliere Davide Lauro;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Lidia Giorgio, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;

letta la memoria dell'avv. Domenico Cacciatore, del foro di Vibo Valentia, nell'interesse delle parti civili, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso e, in subordine, per il rigetto;

Fatto

1. Con sentenza del 5 luglio 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Vibo Valentia in data 17 gennaio 2023, con cui A.A. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen., e quindi condannato alla pena di anni 2 di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

1.1. Più in particolare, quale titolare dell'omonima impresa individuale e quindi datore di lavoro, A.A.è stato ritenuto responsabile dell'infortunio mortale occorso al dipendente D.F., per non aver predisposto alcuna protezione individuale idonea ad impedire la caduta dall'alto, né una idonea impalcatura, e per non aver fornito i dispositivi di protezione individuale.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.

2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione, poiché manifestamente illogica.

Lamenta il ricorrente che i giudici di merito avrebbero dovuto accertare se la morte del B.B. fosse o meno dipesa da un improvviso malore, perché ciò avrebbe determinato una diversa valutazione sia rispetto al nesso causale tra condotta ed evento, sia rispetto al grado della colpa (e quindi dell'entità della pena), sia con riguardo alla pretesa risarcitoria.

Malore il cui verificarsi, in realtà, non è stato escluso dai giudici di merito.

2.1. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio di motivazione con riguardo al diniego della sostituzione della pena detentiva.

3. Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. Osserva il Collegio che la sentenza impugnata è stata pronunciata, in esito alla celebrazione del processo di appello in forma cartolare, in data 5 luglio 2024 (dispositivo notificato il giorno stesso), con termine di 90 giorni ex art. 544 cod. proc. pen.

Termine, quest'ultimo, rispettato dalla Corte territoriale, che ha depositato la motivazione il giorno 3 ottobre 2024.

Conseguentemente, il termine per poter impugnare la sentenza, nella specie pari a quarantacinque giorni ex art. 585, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., deve ritenersi decorso alla data del 18 novembre 2024.

Pertanto, il ricorso, poiché depositato telematicamente in data 30 novembre 2024, risulta proposto oltre la scadenza del predetto termine.

D'altra parte, come accennato, la sentenza è stata pronunciata a seguito di procedimento in camera di consiglio senza l'intervento delle parti ex art. 23-bis, comma 1, d. L. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 (pp. 2 e 5 sentenza ricorsa); rito, questo, la cui operatività è stata estesa ai giudizi introdotti con impugnazioni proposte (come nella specie) entro il 30 giugno 2023, ai sensi dell'art. 94, comma 2, D.Lgs. n. 150 del 2022, come novellato dall'art. 5-duodecies D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, introdotto, in sede di conversione con modificazioni del predetto decreto-legge, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.

Per tali ragioni, nel caso in esame il termine per l'impugnazione non può essere incrementato di quindici giorni ex art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.: secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata tempestiva istanza di partecipazione, l'imputato appellante non può considerarsi "giudicato in assenza" in quanto, in tal caso, il processo è celebrato senza la fissazione di un'udienza alla quale abbia diritto di partecipare (Sez. 2, n. 14171 del 25/03/2025, Immesi, non mass.; Sez. 7, n. 6691 del 29/01/2025, Barba, non mass.; Sez. 4, n. 14445 del 23/01/2025, Jovanovic, non mass.; Sez. 2, n. 5205 del 09/01/2025, Patellaro, non mass.; Sez. 2, ord. n. 25557 del 17/05/2024, Gaudino, non mass.).

2. Oltre che tardivo, il ricorso è in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.

2.1. Quanto al verificarsi di un malore improvviso, il ricorrente lamenta con il primo motivo di aver sollecitato i giudici di merito ad un "accertamento istruttorio" ritenuto "indispensabile" e di "incidenza decisiva" quanto alla ricostruzione del nesso causale (p. 2 ricorso).

I giudici di merito, invece, hanno escluso la necessità di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria, sia per il carattere esplorativo della richiesta, sia perché di tale malore, ipotizzato dal consulente di parte, non era emerso alcun indicatore concreto, neppure all'esito della perizia medico - legale.

Hanno inoltre ritenuto che, ove pure accertato, il malore non avrebbe avuto alcuna rilevanza in punto di ricostruzione del nesso di causa tra la condotta inosservante (la mancata adozione di qualsivoglia protezione atta ad impedire la caduta dall'alto) e l'evento.

In tal modo, osserva il Collegio, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio secondo il quale le prescrizioni poste a tutela dei lavoratori mirano a garantire l'incolumità degli stessi anche nell'ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, essi si siano venuti a trovare in situazione di particolare pericolo (Sez. 4, n. 11599 del 19/11/2024, dep. 2025, Santoro, non mass.; Sez. 4, n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 246643 - 01, secondo cui in tali casi l'infortunio non può ricondursi al caso fortuito; Sez. 4, n. 114 del 06/05/1985, dep. 1986, Smolich, Rv. 171538 - 01).

Né si potrebbe sostenere l'abnormità della condotta del lavoratore.

Le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la funzione propria di evitare che si verifichino eventi lesivi della incolumità, intrinsecamente connaturali alla esecuzione di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori, la cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele.

Secondo un consolidato orientamento di questa Corte regolatrice, con cui il ricorrente non si confronta in alcun modo, la condotta colposa del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo solo quando esorbiti dalle mansioni affidate al lavoratore oppure sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237 - 01; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748 - 01; Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017 - 01).

Non è questo, all'evidenza, il caso di specie: al momento dell'infortunio il B.B. stava svolgendo mansioni riconducibili al ruolo da lui normalmente ricoperto nell'ambito del ciclo produttivo, e la situazione non ricopriva i caratteri di imprevedibilità, eccezionalità ed eccentricità del rischio richiesti dalla giurisprudenza per l'interruzione del nesso di causalità.

Né il ricorrente chiarisce le ragioni per le quali tale improvviso malore - già escluso in fatto - possa rappresentare un "contributo colpevole della vittima" (p. 3 ricorso).

2.2. Il secondo motivo, riguardante il diniego della sostituzione della pena detentiva, è aspecifico.

Il ricorrente deduce che il rigetto, da parte della Corte di appello, della richiesta di sostituzione è stato fondato sul rischio di recidiva (p. 4 ricorso), che il Tribunale aveva però escluso, concedendo la sospensione condizionale.

Così facendo il ricorso non si confronta con la specifica motivazione della sentenza impugnata, che si fonda sulla gravità delle (plurime) violazioni poste in essere dal A.A., da cui è stato tratto argomento per sostenere la prognosi sfavorevole circa il rispetto delle prescrizioni connesse alle sanzioni sostitutive.

3. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in Euro tremila.

Il Collegio, infine, non ritiene di dover liquidare le spese in favore delle parti civili. Con la memoria depositata, infatti, le parti civili si sono limitate a chiedere l'inammissibilità o il rigetto del ricorso, senza confrontarsi con i motivi di doglianza, e quindi senza offrire un contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino; Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, De Benedictis, Rv. 222264; Sez. 4, n. 43376 del 29/10/2024, Finamore, non mass.; Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, Ricciardi non mass.).

Né occorre assumere alcun provvedimento in ordine alla richiesta di dichiarare la provvisoria esecutività delle statuizioni civili, già esecutive per legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Nulla per le spese in favore delle parti civili.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2025

Fonte: Olympus.uniurb