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Sentenza

Morte sul colpo per la caduta del ramo potato:
l’adozione di un adeguato sistema di recinzione dell’area avrebbe evitato l’evento.

Cassazione Penale, Sez. 4, 10 febbraio 2023, n. 5714

 

La Corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna del titolare della ditta individuale in ordine al delitto di cui all’art. 589 commi 1 e 2 cod. pen. per avere nel corso del lavori di potatura di alcune piante presenti all’interno del giardino di una famiglia cagionato la morte di un componente della stessa.
L’infortunio è stato ricostruito nelle sentenze di merito nel modo seguente: l’imputato stava effettuando, per incarico del capofamiglia, lavori di potatura di due cipressi nel giardino familiare con la tecnica del tree climbing, consistente in una arrampicata che consente di accedere alla chioma dell’albero e di passare tramite imbracatura da un ramo all’altro. Operando imbracato a sei metri di altezza, aveva iniziato a tagliare un ramo tirato con una fune da terra dal capofamiglia, a cui lo stesso imputato aveva chiesto di collaborare, a taglio ultimato il ramo era caduto a terra e impattando sul terreno dalla parte della chioma era rimbalzato colpendo al capo mortalmente un componente della famiglia che si trovava nella zona del giardino ove erano in corso le operazioni di potatura.
Nei confronti dell’imputato sono stati individuati, quali addebiti di colpa, la negligenza e l’imprudenza, per essersi fatto aiutare nella lavorazione dal capofamiglia, privo di formazione e di adeguate conoscenze per quel tipo di lavoro, e la violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 109 e 116 primo comma lett. e) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per non aver preso le misure necessarie e idonee ad impedire l’avvicinamento di persone estranee alla zona di pericolo interessata dai lavori, quali in particolare la delimitazione della zona con transenne ovvero con nastro segnaletico.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato con il proprio difensore.

Il ricorso deve essere rigettato.


Nell’affermare la sussistenza della colpa specifica la Corte ha osservato che le mere raccomandazioni orali rivolte dall’imputato ai membri della famiglia non potevano essere considerate sufficienti e che la regola cautelare violata, ovvero quella prevista dagli artt.109 e 116 del d.lgs.n. 81/2008, imponeva di delimitare l’area di svolgimento delle operazioni di potatura con predisposizione di transenne, ovvero con adozione di nastro isolante o altro analogo presidio visibile e non surrogabile da inviti verbali.
I giudici hanno anche adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l’evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio (Sez 4. n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv273870; Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv.266645). Alla censura con cui il ricorrente assume che l’evento verificatosi era diverso rispetto a quello che la regola violata mirava a prevenire e quindi, per ciò solo imprevedibile, la Corte ha obiettato, in maniera coerente, che le cautele omesse erano, invece, volte ad evitare accadimenti quale quello in concreto verificatosi, ossia erano state introdotte dal legislatore proprio al fine di prevenire imprudenze comportamentali dei lavoratori o di terze persone. La lavorazione in corso, ovvero la potatura dei rami comportava, come diretta conseguenza, la caduta al suolo dei rami, sicché la segnalazione e la recinzione doveva ricomprendere tutto il perimetro dell’area entro il quale tale caduta poteva verificarsi. Coerentemente i giudici hanno rilevato che il fatto che i lavori avessero interessato un’area privata e l’infortunato ne fosse stato il committente non valeva ad escludere l’operatività della norma del Testo Unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che prevede un obbligo generalizzato di recinzione dell’area interessata dal cantiere, in modo da impedire la sosta o il transito dei non addetti alle lavorazioni.
Nel caso di specie, inoltre, i giudici, hanno escluso che la condotta della vittima, consistita nell’avvicinarsi alla zona interessata dai lavori di potatura, avesse interrotto il nesso di causalità, rilevando che la regola cautelare violata dall’imputato era volta a prevenire tali tipo di condotte. La decisione della Corte è ancora una volta rispettosa dei principi che governano l’accertamento della causalità ed in particolare del principio per cui, all’interno dell’area di rischio che il datore di lavoro investito della posizione di garanzia è chiamato a governare, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT e/ Musso Paolo, rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro: oppure ancora vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222).
Infine la Corte di Appello si è fatta carico anche del c.d. giudizio controfattuale ovvero della verifica in ordine alla idoneità del comportamento alternativo lecito ad evitare l’evento con un giudizio di alta probabilità logica secondo il dictum delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105 e delle Sezioni Unite n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138. Al fine di confutare le pretese lacune lamentate dal ricorrente, ha osservato che il rispetto della regola, ovvero l’adozione di un adeguato sistema di recinzione dell’area, avrebbe impedito alla vittima di avvicinarsi fino al punto di venirsi a trovare nel raggio di caduta dei rami tagliati e che nel caso, indimostrabile, in cui la vittima avesse deliberatamente deciso di non attenersi al rispetto della recinzione, vi sarebbe stato l’obbligo di interrompere la lavorazione in corso ovvero il comportamento.

 

Fonte: Olympus.uniurb